Trincee e fortificazioni Lago di Garda  

Forti del Garda

Fortificazioni, trincee, percorsi della Grande Guerra nel Parco Alto Garda Bresciano

Le postazioni, le strade, la storia.
Nuovi percorsi guidati per il Centenario della Grande Guerra
realizzati con i finanziamenti di Regione Lombardia
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Mappe, tracce GPS, immagini georeferenziate. Panorami e percorsi di visita: cosa vedere, dove mangiare, dove alloggiare.
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Censimento, mappatura e valorizzazione delle strutture fortificate della I Guerra Mondiale nel Parco Alto Garda Bresciano

ANCHE A NAVAZZO C’ERANO “FORTI DEL GARDA”

È probabilmente da Gargnano che partì la compagnia dei Bersaglieri che all'alba del 24 maggio 1915 occupò il villaggio, allora austriaco, di Magasa.
Fu questa la prima occupazione territoriale poche ore dopo la consegna della dichiarazione di guerra all'Austria, e non incontrò resistenza in quanto i pochi Landschutz (gendarmi territoriali) austriaci erano stati ritirati per tempo.
Gli imperiali si erano infatti portati sulla linea della Val di Ledro, ottenendo un fronte molto più breve e lineare, ben imperniato sulla munitissima piazzaforte di Riva e saldamente arroccato sulle alte cime da cui domineranno le postazioni italiane.
Ha inizio una presenza militare che si protrarrà fino alla fine della Guerra, avvicendando circa quarantamila uomini e lasciando nel territorio innumerevoli tracce, tra le quali quasi tutta l'odierna viabilità montana ma anche di collegamento dei principali comuni.
Sarà solo un paio d'anni più tardi, all'approssimarsi della disfatta di Caporetto (ottobre 1917) che gli Stati Maggiori inizieranno a rendersi conto della pericolosità di uno sfondamento della sottile linea di fronte tra Riva e Ledro, che non incontrerebbe altri ostacoli prima di superare Salò e sfociare in val Padana, aperta fino a Milano e soprattutto alle spalle del fronte di resistenza, ormai prossimo a Vicenza.
L'entroterra gardesano sarà interessato da una grande opera di fortificazione, realizzata a partire dalla rete stradale, per immettersi su mulattiere e sentieri di arroccamento che portano fino ai ripidi crinali e raggiungono le linee degli appostamenti difensivi: centinaia di trincee, casematte, rifugi, batterie.

Il progetto
fortidelgarda.it, avviato nel 2010, sta riscoprendo questo patrimonio che giace nel territorio di guerra così come è stato realizzato quasi cento anni fa, museo senza custode in una natura che da sola vale l'escursione.
È in corso il censimento di tutti i manufatti inclusi nel territorio del Parco: la mappatura GPS ha ormai raggiunto circa il 70% dell'area.
L'ambizione è arrivare a pubblicare delle guide alla visita, corredate di un inquadramento storico e tattico, che sarebbero utili a guidare il flusso turistico in direzione di un entroterra oggi poco valorizzato rispetto alla sua bellezza e peculiarità naturalistica, con vantaggi per le strutture ricettive.
Il progetto ha proposto anche dislocazione di paline segnaletiche con indicazioni storiche sui manufatti vicini, per invogliare e guidare all'esplorazione: quest'idea si è per ora arrestata su qualche tavolo istituzionale, oggetto solo di una benevola osservazione.
Il sito di riferimento del progetto è www.fortidelgarda.it

L'impianto difensivo
Dietro la linea di combattimento, migliaia di operai e militari del Genio furono messi al lavoro per creare una linea arretrata (dalla costa di Limone lungo i crinali del Carone sino a Passo Nota) e tre Linee di Resistenza: la prima dal Traversole e Corno Nero verso Vesio; una seconda dal Tremalzo a sbarrare il vitale passaggio tra Tremosine e Tignale, coi grandi complessi di crinale sulla linea Puria-Tignalga e sul caposaldo di artiglieria del Monte Cas; infine la lunga Terza Linea di Resistenza, che doveva compartimentare l'entroterra contro provenienze dalla val d'Ampola, sviluppandosi sulla dorsale Tremalzo- Tombea-Stino sino al Pizzoccolo, imperniata sul caposaldo di Gargnano.
Da un sintetico elenco è difficile immaginare una mole di un centinaio di chilometri di crinali ininterrottamente fortificati in terra e in roccia, collegati da centinaia di chilometri di strade, mulattiere e sentieri, molti ormai spariti dalla cartografia, oggi godibili solo da chi sa andare a cercarseli e riconoscerli, a volte con una dose di fantasia.
La ricerca dei manufatti consente di addentrarsi in un ambiente variegato, dal clima mediterraneo degli olivi sulla costa ai licheni su cime da quasi 2000 metri, unito da un unico progetto di difesa senza interruzioni dal Garda al lago d'Idro.

La roccia e la carta
Uno sforzo grande e appagante è stato speso per ritrovare le tracce storiche dei manufatti negli archivi militari: abbiamo ora preziosi documenti originali, tra cui le mappe su cui veniva meticolosamente riportata a mano la dislocazione delle postazioni e progetti e disegni di alcune opere importanti, tra cui le gallerie di artiglieria di Monte Cas o il caposaldo in caverna di Ca' di Natone.
Quest'ultimo costituiva il fulcro del blocco della valle: realizzato in caverna, alloggiava due pezzi da campagna di piccolo calibro, un osservatorio e due appostamenti difensivi per mitragliatrice orientati sulla “stretta” della strada, ulteriormente difesa da una mina sotto il piano stradale e attivabile a distanza.
Studiando le carte e osservando la roccia è stato possibile rintracciare appostamenti con feritoie annidate in picchi isolati come torrioni (come sul Passo della Puria) e complessi articolati con lunghe gallerie e casematte blindate, come quelli dislocati lungo il crinale del Dosso Della Forca.

Il lavoro sul terreno
Interi fronti montuosi furono scavati per chilometri e disseminati di ricoveri e caverne di tiro, realizzando un manufatto ogni circa sessanta metri.
L'ossatura principale era costituita da tratti di trincea, collegati secondo uno schema regolare al versante defilato con camminamenti o gallerie, appoggiati dove possibile da ricoveri in caverna per l'alloggio e la messa in sicurezza del personale.
Nei punti preminenti si realizzavano postazioni più munite per il tiro e per l'osservazione, in qualche caso dotate di proiettori fotoelettrici con cui venivano illuminate le vallate per tenerle sotto sorveglianza di notte.
Ad unirle, una rete di cunicoli intercomunicanti, come gli oltre 300 metri di gallerie sotto il Monte Nevese: all'interno, un intricato sviluppo di cunicoli su più livelli e camere di ricovero, con uscite sulle trincee di combattimento e sugli accessi defilati.

La difesa di Gargnano
Il promontorio che digrada dal Monte Castello verso Navazzo, opportunamente orientato su un ampio orizzonte di quasi duecentosettanta gradi, fu impiegato per realizzare il caposaldo per la difesa di Gargnano, punto terminale della linea di capisaldi che scendeva dal Tombea.
Il fronte difensivo è orientato contro provenienze da Nord e Est, quindi in caso di penetrazione da Idro e dal Tombea, oppure di sfondamento delle difese di Tignale: partiva dall'odierna provinciale, lungo uno stradello dietro la Caserma e di fronte al Cantiere Feltrinelli e risaliva lungo la gola del torrente Triol (allora Rio di Zuino) lungo il quale era realizzata una linea di trincee, oggi spianate dall'attività agricola, che controllava anche la prospiciente rotabile per Valvestino.
Un lungo reticolato, oggi riconoscibile ma rimosso, correva dove iniziano le pendenze della salita al Monte Castello, difeso da linee trincerate dalle quali si domina la valletta, oggi complesso artigianale, verso Navazzo.
Una diramazione occidentale si sporgeva a controllare i declivi sulla Valle delle Camerate, mentre la linea principale risaliva, poco distante dal sentiero Segnavia 21, con postazioni in terra e poi in roccia lungo il crinale.
Peculiari alcune trincee prefabbricate, gallerie per fucileria realizzate con sezioni in cemento interrate laddove non era possibile creare ripari efficaci mediante il solo scavo: ancora facilmente rintracciabili, benché molte sezioni siano state asportate e usate per consolidare il fondo delle vicine mulattiere, questo tipo di manufatti si ritrova solo in quest'area e nei dintorni del Passo della Fobbiola.
Gargnano faceva anche parte della Difesa Costiera del lago, concepita per impedire sbarchi o la penetrazione di battelli verso il Basso Garda: ospitava un battaglione rinforzato, con comando a Bogliaco, che doveva coprire il tratto dalla foce del Torrente Toscolano fino a Case Lanzenot, toponimo oggi scomparso e seppellito dal manufatto di cemento della Centrale Enel.
Erano dislocate tre postazioni, ciascuna con una coppia di mitragliatrici, a San Faustino, San Giorgio e in Località Religione, collegate da numerosi punti di osservazione dotati (non sempre) di lanciarazzi di segnalazione, e collegati da pattuglie in bicicletta per la copertura delle ore notturne e di scarsa visibilità.
Sul finire della Seconda Guerra Mondiale, la presenza di Mussolini impose a Gargnano un ulteriore carico militare, con l'installazione di numerose batterie per la difesa antiaerea, alcune delle quali collocate sul Lungolago e sulla torretta, allo scopo mozzata, della Villa Feltrinelli.
Alcune fonti riferiscono che lavoratori italiani inquadrati nella Organizzazione Todt furono impiegati per riallestire alcune postazioni della Grande guerra per costituire un'estrema linea difensiva con cui i tedeschi in ritirata speravano di tenere la guerra fuori dal proprio territorio.
Se e quanto queste linee furono realizzate ed impiegate sarà materia per una ricerca futura.

 

Luca Zavanella